I Servizi di Trauma Medical Clinic in Val di Fassa, in Val Badia e in Val di Sole
Specializzati in ortopedia e traumatologia con sede a Canazei, a La Villa e a Dimaro
Trauma Medical Clinic è una struttura sanitaria privata con autorizzazione provinciale, specializzata in ortopedia e traumatologia, ubicata a Canazei in Val di Fassa, a La Villa in Alta Badia e a Dimaro in Val di Sole.
Il suo costante aggiornamento delle metodiche diagnostiche e di trattamento garantisce al paziente il più elevato standard di qualità delle prestazioni. Le nostre strutture sono dotate delle più moderne metodiche e presidi (compresi i leggeri gessi sintetici e i tutori funzionali) in grado di garantire al paziente il trattamento più adeguato della specifica patologia ortopedica e traumatologica. Per le problematiche più complesse ci si avvale di una collaborazione diretta con altre cliniche specializzate, dove la nostra équipe chirurgica esegue gli interventi dedicati.
Il tuo centro ortopedico-traumatologico di riferimento in Val di Fassa, in Val Badia e in Val di Sole
Il servizio di ortopedia e traumatologia a Canazei, a La Villa e a Dimaro è costituito da uno staff di specialisti in grado di gestire le patologie ortopediche e traumatologiche con il supporto di:
- Radiologia digitale in grado di effettuare tutte le radiografie convenzionali di articolazioni, scheletro, e torace con la possibilità di trasmissione in rete delle immagini;
- Risonanza magnetica a magnete “aperto” che, date le proprie caratteristiche, è indicata anche ai pazienti con problemi di claustrofobia.
- Tac (presso la sede di Canazei): La tomografia assiale computerizzata (TAC) è una tecnica radiologica che permette di ottenere immagini tridimensionali del corpo umano, visto da vari piani.
Il ginocchio è la più grande articolazione del nostro corpo, formata dalle seguenti strutture:
- ossa: femore, tibia e rotula
- legamenti: crociato anteriore, crociato posteriore, collaterale mediale e collaterale laterale
- menischi: mediale e laterale
- cartilagine
Cosa sono e a cosa servono?
I legamenti sono delle strutture fibrose cordoniformi che collegano le ossa di un’articolazione garantendone la stabilità.
Il ginocchio ha 4 legamenti principali, 2 nella periferia della articolazione e sono chiamati collaterali, mentre gli altri 2 sono esattamente al centro e sono chiamati crociati. Quindi troviamo un legamento collaterale mediale ed uno laterale, un legamento crociato anteriore ed uno posteriore.
Come si lesionano?
Il tipico meccanismo che determina una lesione legamentosa è un trauma distorsivo. Una lesione legamentosa è solitamente provocata da una torsione del ginocchio, che può verificarsi durante un’attività fisica come il calcio o lo sci d’alpinismo.
Quali sono i sintomi?
La lesione di un legamento crea una immediata ed acuta sintomatologia dolorosa. Può accadere, in particolare nella lesione del legamento crociato anteriore, che il ginocchio si gonfi, poiché all’interno della articolazione si raccoglie il sangue creatosi conseguentemente alla rottura del legamento stesso. Talora quest’evenienza è accompagnata da intenso dolore e tensione avvertita all’interno dell’articolazione, può essere consigliabile aspirare il versamento ematico. Altro sintomo che frequentemente i pazienti riferiscono è l’insicurezza dovuta al fatto che il ginocchio non sorregge il peso del corpo e tende a cedere. Questo sintomo viene definito instabilità ed è conseguenza del fatto che il legamento essendo lesionato non può più svolgere la sua funzione stabilizzante.
Come ci si deve comportare?
Quando avviene un trauma con le caratteristiche sopra descritte è opportuno recarsi presso la propria struttura ortopedica di fiducia affinché si eseguano gli accertamenti necessari. Un buon esame clinico da parte di uno specialista può porre già il sospetto di una lesione legamentosa. In presenza di questo sospetto è indicata l’esecuzione di una risonanza magnetica (se non controindicata) per confermare la diagnosi e per evidenziare eventuali lesioni associate a carico di altre strutture legamentose, osteo-cartilaginee o meniscali.
Come si trattano le lesioni legamentose?
Il trattamento che l’ortopedico può consigliare varia a seconda del legamento lesionato, del grado di instabilità articolare, dell’età del paziente e del tipo di attività che il paziente svolge normalmente.
Il legamento collaterale mediale nella maggior parte dei casi, per le proprie caratteristiche biologiche tende alla guarigione spontanea con un semplice trattamento conservativo, utilizzando un tutore articolato per un congruo periodo di tempo, senza necessità di ricorrere ad un intervento chirurgico. Diversamente il legamento collaterale esterno, soprattutto se lesionato completamente ed in associazione ad altri legamenti, impone molto spesso una indicazione chirurgica urgente. Il legamento crociato anteriore non guarisce mai spontaneamente e tende progressivamente a “morire” ed atrofizzarsi e l’assenza della sua funzione può nel tempo determinare l’insorgenza di lesioni a carico delle restanti componenti articolari ed in particolare a carico dei menischi e della cartilagine. Quindi in casi selezionati a seconda dell’entità di instabilità, dell’età e delle richieste funzionali, può essere opportuno programmare una sua ricostruzione chirurgica talora eseguibile anche in tempi precoci.
Come si ricostruisce il legamento crociato anteriore?
Purtroppo non è possibile riparare il legamento crociato anteriore ma è necessario sostituirlo utilizzando un altro tessuto che viene posizionato in sostituzione del legamento lesionato per svolgerne le stesse funzioni. Questo tessuto viene normalmente prelevato dallo stesso ginocchio del paziente e consiste in una parte del tendine rotuleo o nei tendini gracile e semitendinoso prelevati al ginocchio in corrispondenza della cosidetta zampa d’oca.
In casi selezionati è necessario ricorrere all’utilizzo di tessuto da donatore o artificiale. Per posizionare il nuovo legamento all’interno del ginocchio volta sotto visione artroscopica si esegue una perforazione del diametro di circa 1 cm nella tibia e nel femore. Attraverso questi tunnel viene fatto passare il nuovo legamento che infine viene fissato allo stesso femore e tibia con sistemi perlopiù assorbibili Al termine dell’intervento quindi il paziente avrà due piccole incisioni cutanee di qualche millimetro attraverso le quali si è fatto passare strumentari e una incisione più lunga resasi necessaria per il prelievo del tessuto e che varia nella sua lunghezza e sede a seconda del tipo di tessuto prelevato.
Quanti sono i menischi?
All’interno di ogni ginocchio ci sono 2 menischi, uno mediale ed uno laterale.
Cosa sono i menischi ed a cosa servono?
Sono delle strutture fibrocartilaginee a forma di mezza luna poste tra femore e tibia. I menischi svolgono delle funzioni fondamentali nell’equilibrio articolare del ginocchio. In particolare
assorbono gli stress articolari, fungendo quindi da ammortizzatori, distribuiscono uniformemente i carichi dalla cartilagine del femore a quella della tibia ed aumentano la stabilità articolare
Come si lesionano?
Le lesioni meniscali in un paziente giovane sono tipicamente riconducibili ad un evento traumatico distorsivo. Diversamente nei soggetti più anziani una lesione meniscale può essere conseguenza di un semplice processo degenerativo età correlato e si manifesta in seguito a traumi minori o in assenza di traumi ed è spesso associata ad alterazioni della cartilagine specialmente in soggetti che presentano una deviazione assiale con varismo o valgismo (il cosiddetto ginocchio ad X o a “parentesi “).
Quali sono i sintomi?
Normalmente un paziente con una lesione meniscale lamenta dolore. Talvolta a questo sintomo si associano pseudo-cedimenti e blocchi articolari. Talora il ginocchio si può gonfiare.
Cosa si deve fare?
È bene che il paziente si rechi dallo specialista di fiducia affinché possa visitarlo e stabilire quindi una diagnosi di sospetto. Sarà una RMN a confermare eventualmente la presenza della lesione meniscale o rilevare eventuali altre lesioni associate (legamentose – osteocondrali).
Come si tratta una lesione meniscale?
In considerazione del ruolo primario che svolge il trattamento di una lesione meniscale deve essere mirato, se possibile, alla preservazione della funzione meniscale stessa. Talvolta, in particolare lesioni degenerative o piccole lesioni traumatiche possono essere trattate conservativamente senza necessità di intervento chirurgico. In caso contrario l’intervento che più frequentemente viene eseguito è l’asportazione per via artroscopica solamente della parte di menisco interessata dalla lesione (meniscectomia selettiva). Talvolta, la presenza di lesioni con caratteristiche ben definite, perlopiù in pazienti giovani è possibile eseguire, sempre sotto guida artroscopica una sutura del menisco senza necessità di rimuoverne una parte. In casi ancora più selezionati in cui è stato necessario rimuovere l’intero menisco è possibile eseguire un intervento di trapianto di menisco da donatore per rimpiazzare il tessuto mancante.
Cos’è la cartilagine ed a cosa serve?
La cartilagine è una struttura spessa alcuni millimetri formata da tessuto connettivo che riveste le superfici ossee all’interno delle articolazioni. Ha particolari caratteristiche di resistenza meccanica e permette di distribuire i carichi e di ridurre l’attrito all’interno dell’articolazione.
Come si lesiona?
Spesso risulta difficile stabilire la causa di una lesione cartilaginea, per cui rimane ipotetica. Comunque talvolta essa è rappresentata da un trauma maggiore. Nella maggior parte dei casi invece il danno è causato da micro- traumi ripetuti o semplicemente da un processo degenerativo dell’articola- zione, caratterizzato dalla progressiva usura dei menischi e delle superfici cartilaginee. Questo processo è favorito in quei pazienti che per motivi di conformazione congenita hanno una alterazione dell’asse dell’arto inferiore con una conseguente deviazione in varo (ginocchio a “O”) o valgo (ginocchio a “X”) e quindi con un sovraccarico mediale o laterale.
Le lesioni a seconda della gravità vengono suddivise in 4 gradi. Il primo è caratterizzato da un semplice rammollimento della cartilagine mentre il quarto da una sua erosione completa con esposizione dell’osso sottostante.
Quali sono i sintomi?
Quando la lesione coinvolge semplicemente la cartilagine ed il danno è di primo o secondo grado i sintomi sono spesso vaghi ed aspecifici. Il paziente riferisce nella maggior parte dei casi un dolore intermittente e variabile nella sua entità e talvolta l’articolazione si può gonfiare. Se invece la lesione cartilaginea si associa ad una sofferenza dell’osso subcondrale normalmente il paziente riferisce un forte dolore con grave limitazione funzionale con addirittura difficoltà ad appoggiare il piede ed a dare il carico sull’arto.
Cosa fare?
Anche in questo caso è raccomandabile una visita specialistica al termine della quale l’ortopedico eventualmente prescriverà una RMN, l’unico esame strumentale in grado di valutare adeguatamente la struttura cartilaginea. Nei casi in cui si sospetta una deviazione dell’asse dell’arto inferiore può essere indicato associare delle specifiche radiografie degli arti inferiori e del ginocchio.
Come si trattano le lesioni cartilaginee?
La cartilagine è una struttura non vascolarizzata e questo ne pregiudica la guarigione. Pertanto risulta alquanto difficile eseguirne una riparazione chirurgica. Da anni si stanno studiando tecniche affidabili, ma i problemi intrinseci della cartilagine risultano un grave limite. Premesso questo sono eventualmente riparabili chirurgicamente solo le lesioni di natura traumatica, in pazienti giovani e senza alterazioni dell’asse dell’arto inferiore.
Le lesioni di natura degenerativa del paziente anziano non possono essere riparate. In presenza di una deviazione dell’asse con conseguente sovraccarico meccanico può essere indicato un intervento di correzione dell’asse stesso chiamato osteotomia che può essere valgizzante e varizzante con l’obiettivo di ridistribuire un corretto carico sull’articolazione. In alternativa si possono programmare delle soluzioni mirate alla gestione del dolore come delle terapie fisiche, delle infiltrazioni con acido ialuronico o un intervento artroscopico.
Il danno degenerativo avanzato dei menischi e della cartilagine viene chiamato artrosi. Quindi un ginocchio artrosico è caratterizzato da una grave usura dei menischi e da una estesa lesione della cartilagine.
Quali sono i sintomi?
Essendo una patologia cronica il paziente normalmente riferisce di aver dolore e spesso tumefazione al ginocchio da mesi o addirittura da anni accompagnato da una graduale e progressiva riduzione dell’arco di movimento con difficoltà alla deambulazione. Il ginocchio tipicamente presenta un profilo alterato e può essere deviato a parentesi (varo) o ad X (valgo).
Cosa si deve fare?
Facilmente l’ortopedico può sospettare sulla base della sola visita la presenza di un danno artrosico del ginocchio. Saranno poi delle semplici radiografie a dare la conferma diagnostica.
Come si tratta l’artrosi?
Come già accennato in precedenza le lesioni degenerative meniscali o cartilaginee non possono essere riparate.
Nei casi in cui il danno artrosico non è avanzato si possono anche prendere in considerazione delle soluzioni terapeutiche mirate semplicemente alla gestione del dolore, come terapie fisiche o terapia infiltrativa (ad esempio con l’utilizzo di acido ialuronico)
Nei casi in cui invece il danno è avanzato non rimane che l’indicazione ad un intervento chirurgico mirato alla sostituzione della parte malata del ginocchio con una protesi. Questo intervento ovviamente non può essere eseguito per via artroscopica e deve essere eseguito praticando un’incisione cutanea anteriore al ginocchio attraverso la quale il chirurgo accede alla articolazione asportando le parti malate ed applicando la protesi.
Talvolta è necessario sostituire l’intera superficie femoro-tibiale ed in questo caso parliamo di protesi totale, altre volte invece è possibile sostituire solo una parte di ginocchio ed in questo caso parliamo di protesi mono-compartimentali.
La spalla è l’articolazione con il maggior arco di movimento, è composta da Omero, Scapola e Clavicola. La testa dell’omero, di forma sferica, si articola con la glena scapolare che ha forma di un pattino, i legamenti, interconnettono queste due strutture permettendone il movimento.
Cos’è l’instabilità di spalla?
Quando il movimento è eccessivo possiamo parlare di instabilità di spalla. L’episodio più comune è la lussazione di spalla che avviene quando la testa omerale scavalla completamente il margine della glena.
Come origina una instabilità di spalla?
La lussazione avviene più frequentemente in seguito ad una caduta con braccio esteso posteriormente ed extra-ruotato. Spesso, dopo un primo episodio di lussazione, traumi di minore entità possono determinare ulteriori episodi di instabilità.
Quali sono i sintomi?
Il dolore è il sintomo principale, nel caso di una lussazione è molto accentuato e accompagnato da impotenza funzionale con alterazione del tipico profilo della spalla, mentre in altre tipologie di instabilità la sintomatologia è meno importante e si ripropone solamente in seguito a specifici movimenti con una tipica sensazione di insicurezza.
Quali sono le lesioni che determinano una spalla instabile?
L’instabilità di spalla è normalmente sostenuta da un’incapacità delle strutture legamentose di svolgere la loro funzione. Altri tipi di instabilità sono indubbiamente meno frequenti.
Di fronte ad una spalla instabile è di cruciale importanza una diagnosi precisa che indirizzerà verso il trattamento più idoneo.
Come si fa la diagnosi?
E’ necessaria una visita specialistica che sarà seguita da degli approfondimenti radiologici ed in particolare dalla risonanza magnetica.
Come si cura l’instabilità?
L’ instabilità normalmente viene trattata in prima istanza attraverso un programma fisiokinesiterapico-riabilitativo. Altre volte, può rendersi necessario un approccio di tipo chirurgico. Per via artroscopica, nella maggior parte dei casi è possibile riparare anatomicamente le strutture danneggiate ripristinandone la funzionalità. Queste tecniche presentano un indubbio vantaggio dato dalla poca invasività, che si riflette anche in un miglior risultato estetico rispetto ai classici interventi eseguiti a cielo aperto, che peraltro ad oggi rivestono un ruolo fondamentale in quadri di instabilità particolarmente gravi.
Cos’è la cuffia dei rotatori?
La cuffia dei rotatori è costituita da un gruppo di muscoli con i rispettivi tendini della spalla che originano dalla scapola si inseriscono a ventaglio in corrispondenza dell’omero permettendo la normale funzionalità articolare. I muscoli sono: sottoscapolare, sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo.
Come origina una lesione della cuffia dei rotatori?
Le lesioni sono frequenti nei pazienti di età superiore ai 55 anni ed aumentano con l’aumentare dell’età mentre sono rare nei pazienti di età inferiore ai 40 anni. La spiegazione sta nel fatto che i tendini con l’invecchiamento si indeboliscono e diventano meno resistenti. Questo spiega come in pazienti anziani la lesione possa avvenire in seguito a traumi minori o in assenza di traumi mentre nei pazienti giovani sia necessario un trauma ad elevata energia. In taluni casi la lesione può essere favorita dal continuo attrito dei tendinei contro il “tetto della scapola” che si chiama l‘acromion per una morfologia curva o uncinata che porta ad una progressiva usura degli stessi tendini.
Le lesioni non sono tutte uguali
Le lesioni alla cuffia dei rotatori non sono tutte uguali innanzitutto per le dimensioni della lesione stessa: definiamo lesioni parziali quando interessano solamente una parte di tendine mentre le lesioni sono complete quando tutto lo spessore del tendine è coinvolto, inoltre possono riguardare uno o più tendini fino ad essere massive ( talora non più riparabili) ed in base all’epoca in cui sono avvenute possono essere recenti o vecchie ( inveterate).
Cosa comporta una lesione della cuffia dei rotatori?
Non sempre un soggetto con lesione della cuffia dei rotatori è sintomatico ma nella maggior parte dei casi lo è o lo diventa. I due sintomi tipici sono il dolore, specialmente notturno che il paziente avverte alla spalla spesso irradiato al braccio fino al gomito e la limitazione funzionale nei movimenti di rotazione esterna e-o interna che può andare da una debolezza fino all’impossibilità completa di eseguire uno specifico movimento.
Come evolve una lesione della cuffia dei rotatori?
Purtroppo, come tutte le lesioni tendinee molto difficilmente guariscono da sole. Anzi nel tempo spesso tendono ad aumentare di dimensioni con la possibilità di creare serie alterazioni biomeccaniche all’articolazione della spalla ed in taluni casi determinano un’usura articolare che può esitare in un grave quadro artrosico. L’evolutività della lesione è correlata principalmente all’età d’insorgenza della lesione ed a quanto e come viene sfruttata la spalla.
Come è possibile fare diagnosi?
Una valutazione specialistica ortopedica nella maggior parte dei casi è sufficiente per porre una diagnosi di sospetto che peraltro andrà confermata da esami strumentali in particolare l’ecografia (esame molto diffuso ma strettamente dipendente dall’operatore) e soprattutto la risonanza magnetica (se non controindicata) che è in grado di confermare la presenta lesione ed anche di definirne la riparabilità permettendo inoltre di evidenziare eventuali patologie concomitanti.
Quando si ripara la lesione?
Non tutte le rotture della cuffia dei rotatori vanno riparate chirurgicamente. L’indicazione chirurgica deve essere valutata in seguito ad una accurata valutazione specialistica e dipende da diversi fratturi tra cui l’età del paziente, le richieste funzionali ed ovviamente dalla riparabilità della lesione. Ci sono poi delle ampie lesioni traumatiche che avvengono perlopiù in soggetti più giovani che necessitano di una riparazione chirurgica in breve tempo.
Come viene eseguito l’intervento chirurgico?
La chirurgia moderna permette l’utilizzo di tecniche meno invasive che vengono eseguite per via endoscopica con l’ausilio di un artroscopio che è uno strumento a fibre ottiche che permette la visualizzazione delle strutture articolari e con appositi strumentari il trattamento delle lesioni attraverso l’esecuzione di piccole incisioni a livello cutaneo. La riparazione di una rottura tendinea a carico della cuffia dei rotatori non sempre può essere completa ma talora deve essere parziale. La tecnica chirurgica si avvale perlopiù di ancorette metalliche o riassorbibili che vengono infisse all’osso in corrispondenza dell’area di inserzione tendinea dotate di fili che vengono passati nel tessuto tendineo con appositi strumenti per essere poi annodati permettendo la chiusura della lesione. In presenza di talune lesioni in associazione o meno all’uso di ancorette, si eseguono dei punti tra i due margini liberi del tendine con una tecnica che si chiama side to side con l’effetto di ridurre l’area e dare un corretto bilanciamento della lesione .
Cosa può succedere…
In rari casi (circa il 4%) un’insufficienza cronica della cuffia dei rotatori determina una progressiva usura della superficie articolare fino ad arrivare ad una particolare forma di artrosi chiamata eccentrica. Di fronte a questi quadri il trattamento iniziale sarà conservativo quindi fisiokinesiterapico e farmacologico ma talora è necessario ricorrere alla chirurgia non tanto artroscopica ( in grado di determinare peraltro un temporaneo effetto palliativo) quanto protesica ed in particolare negli ultimi anni si sono sviluppate delle protesi dedicate a questo specifico tipo di artrosi denominate protesi inverse che permettono un parziale recupero della funzionalità ed un miglioramento o regressione della sintomatologia dolorosa.
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